Sirena da piscina

Lei danzava in quella piscina come se fosse mare, danzava al ricordo di un valzer di Strauss, al ricordo di quando vedeva i propri genitori che lo ballavano e lei, piccola, si infilava tra le gambe a richiedere attenzione infantile. 

Allora, il babbo la prendeva in braccio e, stringendola, ballava con lei il valzer. 

A volte il babbo l’afferrava solo per le braccine e la faceva volare; lei sorrideva e diceva: “Ancora, ancora, ti prego, ancora”. 

Quando il babbo era stanco o aveva la testa che girava, si faceva dare il cambio dalla moglie in quell’eterno valzer di Strauss.

A quel ricordo, lei, ora grande, danzava come una sirena da piscina e si lasciava andare nella leggerezza del corpo e nell’allegria dell’animo.

Tutti i bagnanti si fermavano a guardarla, tanto era bella, tutto era silenzio in quel Ferragosto passato in piscina. Guardando quella danza tutti i bagnanti, non avevano nostalgia del mare.

Quello sì che era un Ferragosto: il sole, il mare e una sirena.

La danza finì, tutto ritornò piscina e tuffi e urla di bambini. 

Ma il destino degli uomini che avrebbero frequentato quella donna era segnato: portare il caffè a letto a quella buffa donna sirena per l’eternità.

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