
Il pesce luna
“Zoe, Zoe sbrigati, ti stiamo aspettando”. Zoe, bambina di otto anni, non si era persa nell’acquario, no! Stava correndo per raggiungere la madre, ma si era bloccata nella vasca gigantesca, dove nuotava tranquilla e beata un’enorme creatura, un pesce spaventoso e bellissimo. Zoe si era fermata a guardare quell’incanto. Avvicinandosi alla targhetta su cui era scritto il nome di quella cosa galleggiante, lentamente lèsse “Pesce luna, nome scientifico mola mola“. Zoe si allontanò per guardarlo meglio, era da sola, l’acquario stava per chiudere. Il pesce luna galleggiava come se fosse una navicella spaziale, come un antico veliero che volasse leggero nell’aria; i suoi movimenti erano lievi, leggerissimi, eppure lui era gigantesco, tozzo, sembrava proprio una luna, tonda, con due occhi sporgenti e due pinne che lo facevano muovere lentamente. Il cuore di Zoe batteva forte forte, quando il pesce luna si avvicinò al vetro dell’acquario, quasi a volerla salutare. Zoe, spaventata e stupita, con la mano accarezzò il vetro con dietro quella strana creatura. Il pesce luna, come se avesse sentito la lieve carezza, si allontanò, quasi a farsi vedere nella sua imponenza, nella sua rotondità. Il pesce luna iniziò a muoversi al tempo che fanno i respiri dei cuori innamorati. Pareva danzasse. Allora Zoe iniziò ad imitarlo in quei lenti movimenti armoniosi e sgraziati allo stesso tempo. A volte le pareva che il pesce luna imitasse i suoi movimenti. Zoe giocava e sorrideva, felice di aver trovato un maestro di danza così inconsueto, così rotondo, così brutto, così bello. Il pesce luna fece una lenta giravolta e Zoe fece lo stesso, poi si adagiò sul fondo della vasca e Zoe si accovacciò, elegante come una vera ballerina che sta morendo nell’ultimo canto del cigno.
Poi ancora e ancora e ancora un fluttuare di movimenti fatti dal pesce luna nell’acqua e da Zoe nell’aria, come se fra i due elementi non ci fosse differenza, era la stessa cosa nel pensiero e nell’animo del pesce luna.
“Zoe, Zoe, ti stiamo aspettando”, di nuovo la voce della madre. Zoe si staccò a fatica da quell’incanto e ritornò da sua madre, presero il treno, ritornarono a casa. Ma, quando l’incanto ti entra nel cuore, non ti lascia più e tu ne diventi un dolce prigioniero.
E Zoe quell’incanto voleva custodirlo come se fosse un segreto meraviglioso, i grandi non avrebbero capito.
Quell’estate Zoe volle andare a scuola di danza, la madre era felice di quella nuova passione della figlia e, quando arrivò il saggio al teatro comunale, Zoe si ritrovò sul grande palco a danzare da sola; allora le venne in mente il pesce luna e danzò meravigliosamente, lentamente e, come se quel teatro fosse un immenso acquario, rifece i movimenti che gli aveva insegnato quel gigantesco pesce. In quella danza Zoe ci mise l’incanto, la poesia, la leggerezza che fa lieve la tristezza degli animi, ci mise lo sguardo dolce della madre e quello spaventoso del pesce luna.
Zoe restava al centro del palco, una luce su di lei; il tempo si era fermato in quella bellezza. Si fece buio e il cigno morì per l’ennesima volta, ma tutti sapevano ormai che non poteva essere più come prima. Zoe si portò nel cuore e negli amori e nei figli quel tempo sospeso che gli aveva regalato quel coso orribile chiamato pesce luna, nome scientifico mola mola.